Tutti gli articoli di Anna Maria Virgili

La Giornata Mondiale delle Zone Umide

Il 2 febbraio si celebra la Giornata Mondiale delle Zone Umide nel 54° Anniversario della ratifica della Convenzione di RAMSAR (Iran) da parte di 168 nazioni che ha sancito la tutela a livello globale delle zone umide quali habitat rilevanti per la conservazione della biodiversità. Per area umida si intende: “le paludi e gli acquitrini, le torbiere, i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra, o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri”.

Lo slogan del 2025 è “Proteggere le zone umide per il nostro futuro comune – Valorizzare, proteggere, ispirare” in relazione al ruolo di mantenimento degli equilibri ecologici e delle reti trofiche, all’effetto tampone dell’inquinamento antropico ed al contrasto dei cambiamenti climatici.
Il valore delle aree umide è costituito dal fatto che sono i pozzi di assorbimento di carbonio più efficaci sulla Terra, oltre ad assorbire le piogge in eccesso.
Importanti documenti prodotti dal mondo scientifico evidenziano una crisi globale per gli ambienti umidi. Si ricava una  perdita di zone umide e una trasformazione di tali habitat dall’elevato numero di specie attualmente minacciate (pesci, anfibi, invertebrati, uccelli) in proporzione superiore a quello degli habitat terreni, legati a sviluppo urbano,  agricoltura intensiva, inquinamento, modificazioni del regime idrogeologico, introduzione di specie invasive che agiscono in sinergia e su scale diverse causando effetti assai rilevanti sugli ecosistemi.

Con l’occasione, la nostra Associazione organizza una visita guidata nella Riserva Naturale della Cervelletta, zona umida del comprensorio della Valle dell’Aniene, di grande importanza per la  ricchezza di biodiversità che racchiude.
Conoscere il proprio territorio diventa estremamente significativo per  potere cogliere l’occasione per una sempre più ampia sensibilizzazione e coinvolgimento sul valore di quest’area, la sua caratterizzazione e unicità.

Prenotazioni su visite@cervelletta.it

Vi invitiamo a partecipare numerosi!

Un luogo che amiamo

La Riserva Naturale della Cervelletta è considerata tra le aree umide maggiormente significative per la sua biodiversità, un luogo fondamentale dove possiamo osservare la presenza di specie animali e vegetali, che hanno un ruolo chiave nel mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi.
Attualmente sono numerosi gli indicatori disponibili in letteratura per la valutazione della salubrità ambientale, che permettono di descrivere e valutare la realtà specifica e circoscritta della Cervelletta, compito che spetta prevalentemente alla ricerca scientifica e agli Enti preposti.
Con le visite guidate organizzate dalla nostra Associazione (che riprenderanno in occasione della Giornata Mondiale delle zone umide ed in particolare, con continuità, con l’approcciarsi della stagione primaverile), l’intento è semplicemente quello di richiamare all’attenzione del visitatore il valore di questa Riserva Naturale da tutelare e salvaguardare per la presenza di numerose specie animali e vegetali, per la sua storia antica e il Casale, per il significato sociale che la “Cervelletta di Mimmo” ha assunto nel corso del tempo.
A pochi passi dai centri abitati di Colli Aniene e Tor Sapienza, possiamo scoprire un mondo che riconduce l’anima e lo spirito alla bellezza, alla vera essenza di ciò che siamo. Imparare a riconoscere le creature che abitano questo luogo per farle più nostre, apprezzare i colori della natura nelle diverse stagioni, ascoltare i suoni, sono un dono prezioso per il nostro benessere psico-fisico. Un luogo che amiamo è come una persona, identificabile da quel profumo del cielo, da quella asperità del terreno, da quelle sorprese particolari: un ambiente che stabilisce una relazione reciproca che abbiamo a cuore.

Possiamo osservare i fondali d’acqua dove si muove il granchio, creatura della notte che segue la luna: un crostaceo che si ciba di ogni sorta di animale vivo o morto, come piccoli pesci, insetti e loro larve, lombrichi e chiocciole oltre a materiale vegetale come alghe e muschi.

Possiamo scoprire il martin pescatore mentre scruta lo specchio d’acqua, pronto a tuffarsi per catturare un pesce o riconoscere il pendolino, che costruisce il suo nido a forma di fiaschetta sulle sponde dei corsi d’acqua,

oppure la tartaruga palustre, semisommersa con la testa fuori dall’acqua.

Tra i mammiferi sono presenti tra gli altri l’istrice, la nutria, la talpa romana, il moscardino, la volpe: non sempre abbiamo la fortuna di intravederli, ma sappiamo che ci sono e fanno parte della nostra riserva.

Preservare questo luogo comporta il rispetto di alcune semplici regole: non abbandonare rifiuti, non accendere fuochi, non cogliere fiori o piante, rispettare gli animali, camminare lungo i sentieri, osservare i divieti.
Amare questo luogo assume un significato che va oltre la buona educazione: abbracciare scelte sostenibili ci impegna al mantenimento di un sistema che collega gli uni agli altri verso obiettivi comuni, crea una forza che va cullata, esercitata e coltivata, per mantenerla viva dentro di noi.

I dormiglioni della Cervelletta

Come è noto, durante l’inverno gli animali vanno in letargo per non morire di freddo e perché non troverebbero molto cibo. Il letargo dura normalmente da metà novembre a marzo, con grande variabilità da specie a specie.
Possono andare in letargo solo animali così detti “a sangue caldo” (in gergo endotermi oppure omeotermi), capaci di regolare per via metabolica la loro temperatura corporea. Sono omeotermi gli uccelli e i mammiferi. Fra questi, sono i mammiferi i veri specialisti del letargo. Gli uccelli, invece, nel periodo invernale rallentano gli spostamenti quotidiani o migrano verso aree con clima più mite.
Gli “animali a sangue freddo” (ectotermi oppure eterotermi) come anfibi, rettili, pesci e invertebrati, incapaci di autoregolare la temperatura corporea rispetto all’ambiente, possono adottare strategie di ibernazione e di temporanea quiescenza per superare periodi di stress da freddo ma con modalità diverse dal letargo.
La Riserva Naturale della Cervelletta anche in questa stagione racconta la sua storia e ci offre l’occasione per una salutare passeggiata all’aria aperta, con grande beneficio per il fisico e la mente, per uscire dal “letargo” delle nostre case, proprio a differenza dei tanti animali che vi si rintanano in attesa della primavera.
Ma chi sono i dormiglioni della Cervelletta e come si comportano? Vediamone alcuni.

La chiocciola (più comunemente chiamata lumaca) con l’arrivo dei primi freddi si nasconde in luoghi riparati e lì si addormenta. Ma soprattutto chiude “la porta di casa” creando una membrana di chiusura (chiamata epifragma) costituita da muco, carbonato di calcio e fosforo, gli stessi elementi che compongono la sua conchiglia.

Il riccio, unico insettivoro ad andare in letargo, imbottisce un nido di erba e foglie secche e vi si rintana appallottolandosi per sei settimane consecutive. Nei mesi antecedenti il letargo, il riccio si nutre di alimenti altamente proteici per accumulare energia che smaltisce durante il sonno.

Per i pipistrelli il letargo rappresenta un’attività collettiva, in cui si formano colonie dove si addormentano tutti insieme. I pipistrelli rallentano le attività corporee per consumare minor energia accumulata sotto forma di grasso durante l’estate, e si svegliano a intervalli regolari soltanto per bere. Hanno anche un comportamento riproduttivo particolare, visto che tra settembre e novembre si accoppiano e dal quel momento, fino alla fine del letargo, le femmine trattengono lo sperma all’interno dell’utero. Solo al risveglio primaverile avrà inizio l’ovulazione e la vera fecondazione.

Istrici, serpenti, lucertole, topi, coccinelle, rane, rospi, pesci … adottano strategie differenti affinate in milioni di anni di evoluzione, perfettamente adattata all’ambiente in cui vivono. Il letargo o altre forme di ibernazione non sono certamente come schiacciare un pisolino ma rappresentano l’unica possibilità che hanno per continuare a sopravvivere.
E l’uomo? Il letargo umano è un’opzione reale: non abbiamo più questa capacità come altri animali per motivi evolutivi, ma secondo gli scienziati abbiamo ancora un antico gene (“sopito”) come dimostra una ricerca del 2020, guidata dalla Democritus University of Thrace (Grecia) sugli antenati dell’Homo Sapiens e Neanderthal.

Chissà, forse un giorno quel gene potrebbe essere riattivato, permettendo al Sapiens Sapiens di andare in letargo, in una sorta di “ibernazione naturale”, evitando almeno per un po’ di fare danni alla natura!

Natale alla Cervelletta

È arrivato il freddo invernale che punge e invita a stare al caldo delle nostre case ma, se ben coperti, anche con questo tempo il bosco ha il suo fascino e merita una passeggiata nel silenzio che fa ritrovare noi stessi. Tuttavia non sarà facile, d’ora in poi, percorrendo i sentieri, ascoltando il canto degli uccelli, il fruscìo delle foglie, i rumori e perfino i silenzi, non avere un pensiero per il nostro caro Mimmo che ha lasciato un vuoto immenso nei nostri cuori.
Anche se oggi siamo più tristi, il suo spirito ci infonde una nuova forza ad andare avanti con determinazione, raccogliendo il testimone di ciò che è stato il suo impegno per più di quarant’anni.

Si avvicina il Natale con l’attuale “frenesia dei regali che toglie spazio allo stupore” come dice il Papa. Una festività sempre più lontana dalla sobrietà di un tempo.
Se i bambini scrivevano letterine colme di promesse oggi ci si affida all’I.A. (Intelligenza Artificiale) che, ad esempio, in pochissimo tempo può calcolare quante persone sono transitate nel Parco negli ultimi dieci anni; quanti cittadini di Colli Aniene e Tor Sapienza, scolaresche e appassionati del Cinema America sollecitano le istituzioni competenti affinché il Casale della Cervelletta non resti nell’abbandono e sia restituito all’uso pubblico.
Quante “letterine” e quante firme raccolte sono idealmente sotto ogni singolo albero di questa Riserva Naturale?
La comunità dei cittadini e delle cittadine non si aspetta regali, ma ciò che è dovuto per l’impegno dimostrato in tanti anni, volto alla salvaguardia e alla tutela del Parco e del Casale. Un Casale che non sopporta più di essere abbandonato ma chiede di diventare centro di cultura, di partecipazione, bene comune che vuole raccontare la sua storia antica e presente, per essere tramandata e arricchita da chi vanta con orgoglio un diritto di appartenenza, una responsabilità verso chi è venuto a mancare o ancora dovrà nascere.
Caro Babbo Natale, il filo conduttore è stato ripreso con le istituzioni, con tante parole, promesse, speranze. Parole, promesse e speranze rinnovate in occasione dell’ultimo saluto a Mimmo, custode spirituale di questo luogo bellissimo che è la Cervelletta.


Non dimenticare dunque tutto questo affinché il nostro coro a più voci risuoni alle giuste orecchie. Il tempo stringe, vedi quello che puoi fare!

L’Istrice

Camminando nell’area umida della Cervelletta non è raro trovare a terra degli aculei di Istrice, specie appartenente alla fauna selvatica di questa area naturale protetta.

L’istrice (Hystrix cristata) conosciuto popolarmente anche come porcospino o spinosa, è il più grande dei roditori italiani con il maggior numero di aculei in assoluto. Può raggiungere una lunghezza di 70 cm e pesare fino a 15 kg., ben più grande dunque del Riccio comune (Erinaceus europaeus) con cui spesso viene confuso.
Si trova in tutta l’Africa settentrionale, mentre in Europa l’unico paese dove si può trovare diffusamente è l’Italia.
E’ un animale erbivoro che si nutre di semi, bulbi, radici, tuberi e frutti caduti a terra. Come il gufo anche l’istrice è prevalentemente un animale notturno e di giorno tende a nascondersi in tane, cunicoli, cavità nei tronchi o rocce. Ha un carattere pacifico, è monogamo e si prende cura della prole.

Caratteristica inconfondibile di questo animale sono gli aculei che hanno una struttura variabile a seconda delle zone del corpo in cui si trovano: peli con punta rigida, lunghi fino a 40 centimetri e dure setole bianche e nere lunghe oltre 20 centimetri che hanno l’estremità così rigida e tagliente che in alcune tribù africane sono utilizzate per la punta delle frecce.

L’istrice (porcospino) non è un animale pericoloso, ma come tutti gli animali non va infastidito, è una specie protetta che deve essere lasciata libera nel suo habitat naturale senza recargli disturbo. Può attaccare solo se si sente minacciato o accecato dalla luce, quindi è meglio mantenere una calma tranquilla e non fare movimenti improvvisi.
Quando si vede minacciato da potenziali predatori, l’istrice solleva gli aculei agitandoli e sfregandoli, e producendo un caratteristico rumore simile ad un sonaglio, picchiando le zampe sul terreno, soffiando e ringhiando ed esponendo alla minaccia gli aculei e se il predatore si avvicina troppo questi vengono conficcati nella pelle provocando profonde ferite.
Gli aculei si staccano e si riformano, come le code delle lucertole, non a caso un segno per identificare una tana in uso da parte di questo animale è proprio la presenza di alcuni aculei persi attorno all’uscio.

Nel breve racconto, noto come “Il dilemma del porcospino” del filosofo tedesco Schopenhauer, utilizzando la figura del porcospino, animale dotato di spine (metaforicamente le nostre difese) riflette sulla difficoltà del vivere insieme agli altri e di mantenere la giusta distanza nei rapporti con le persone, per non ferirsi a vicenda. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.

“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione...”

Arthur Schopenhauer, Il dilemma del porcospino

I porcospini ci insegnano che le relazioni di ogni tipo sono il frutto di un complicato e delicato equilibrio tra vicinanza e distanza, (due bisogni profondi che accomunano le persone: avere legami, conservare una propria individualità) e che conoscere i propri confini è la chiave per capire e costruire il giusto equilibrio.

Bibliografia:
Spagnesi M., De Marinis A.M. (a cura di), Mammiferi d’Italia – Quad. Cons. Natura n.14
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena (1851), volume II, capitolo XXXI, sezione 396
Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) in Opere