IL CANTO D’AMORE DELL’ASSIOLO

La nostra Associazione organizza visite guidate notturne nel Parco Naturale della Cervelletta, durante le quali possiamo apprezzare aspetti inediti quando, dopo il tramonto tutto si quieta e al comparire delle stelle il parco si anima di nuova vita con il frinire dei grilli, il bagliore delle lucciole, lo strusciare di qualche animale nascosto. Ma ad un certo punto, più si fa buio e ci inoltriamo lungo i sentieri, si alza un richiamo penetrante e ipnotico: è l’assiolo, che con cadenza fischia come fosse un allarme inceppato il suo richiamo d’amore “Chiù”, a cui deve il nome popolare. Ha la voce potente che si può sentire in lontananza in un instancabile “chiù, chiù”, melanconico, ritmato, che si interrompe solo a piccoli intervalli di 1 o 2 secondi. E’ l’anima delle notti d’estate, la colonna sonora del buio insieme alla luna, in attesa di una risposta che spesso si può ascoltare in un duetto tra maschio e femmina, coppia che si forma per la vita.

L’assiolo è il più piccolo tra gli strigiformi – misura poco più di 18 cm. – trascorre la bella stagione nei parchi, nei giardini, in zone alberate in prossimità delle abitazioni umane, zone aperte per nidificare e covare, poi in inverno emigra in Africa.
Il suo piumaggio è sofficissimo, va dal rossiccio al grigio ed è capace di mimetizzarsi con i tronchi degli alberi dove si nasconde nelle cavità. Si ciba principalmente di grossi insetti e di altri piccoli animali (cavallette, cicale, topi…).
Il “chiù” dell’assiolo, ha assunto una sua dignità poetica con il Pascoli delle Myricae: nella lirica “L’assiuolo”, prima è “una voce”, poi un “singulto”, infine un “pianto di morte”.
Come tutti i rapaci notturni, cui è legata l’idea della morte (gufi, civette, allocchi) viene annoverato tra gli uccelli portatori di sventura. I grandi occhi gialli cerchiati e lo sguardo fisso e magnetico ipnotizzano chi lo scorge ma, al di là delle credenze popolari, il suo è principalmente un canto d’amore, sentinella notturna che scompare con la luce dell’alba che avanza a nuova vita.

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Visita notturna alla Cervelletta – 18 giugno

L’Associazione Uniti Per la Cervelletta OdV propone una nuova visita notturna per assistere al “concerto” delle rane, dell’usignolo, dell’assiolo e per ammirare le lucciole.
Nel corso della visita sarà necessario:
1-Osservare il più assoluto silenzio
2- Spegnere i telefonini
3-Non usare meccanismi di illuminazione
4-Non indossare scarpe rumorose

Prenotazioni su visite@cervelletta.it

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Visita notturna alla Cervelletta – 10 giugno

L’Associazione Uniti Per la Cervelletta OdV propone una visita notturna per assistere al “concerto” delle rane, dell’usignolo, dell’assiolo e per ammirare le lucciole.
Nel corso della visita sarà necessario:
1-Osservare il più assoluto silenzio
2- Spegnere i telefonini
3-Non usare meccanismi di illuminazione
4-Non indossare scarpe rumorose

Prenotazioni su visite@cervelletta.it

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IL FARFARACCIO

È noto che la conservazione della biodiversità è fondamentale non solo per il suo valore intrinseco ma anche perché assicura ad esempio aria pulita, acqua dolce, suolo di buona qualità e impollinazione delle colture. Ci aiuta a combattere i cambiamenti climatici e ad adattarci a essi, oltre a contribuire a ridurre l’impatto dei pericoli naturali. Il suo declino ha quindi conseguenze fondamentali per la società, l’economia e la salute umana.

La Cervelletta è un’area molto ricca di biodiversità, in particolare per la presenza di aree umide e paludi che richiamano la presenza di numerosi uccelli acquatici. Sono presenti anche alcuni mammiferi, oltre a numerose specie botaniche che a loro volta richiamano una moltitudine di insetti.

Durante le visite guidate organizzate dall’Associazione, partendo da Via Cingolani, possiamo incontrare e riconoscere le varie specie botaniche. Una delle prime piante che incontriamo all’inizio del percorso è il farfaraccio.

Il Farfaraccio il cui nome scientifico è Petasites hybridus L., è un genere di piante angiosperme dicotiledoni della famiglia delle Asteraceae. All’interno della famiglia delle Asteraceae i “Farfaracci”, tradizionalmente, fanno parte della sottofamiglia delle Tubiflore.

Il nome petasites si deve al botanico greco Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa – 90 circa) con riferimento alle grandi foglie simili al petàsos, un cappello a grandi falde usato dai contadini e viaggiatori del suo tempo in quanto pensato per fornire protezione sia contro il sole che contro la pioggia.

Farfaraccio è il nome comune che deriva dal latino farfaro e si riferisce a qualcosa che porta farina. La parte inferiore della foglia è infatti lanuginosa, come fosse cosparsa di farina.

Le foglie, grandi e resistenti, venivano usate dagli antichi romani per incartare il burro.

Le specie del genere  petasites sono varie: hybridus, albus, paradoxus, pyreanicus.

Ha portamento eretto, con fusto cavo e caratterizzato da scaglie. Può raggiungere 1 m di altezza.

Le foglie sono verdastre, nella parte inferiore lanuginose. Di forma ovato-cordata e con il margine irregolarmente dentato. Il loro sviluppo avviene dopo la fioritura.

I fiori di colore rosa sono riuniti in spighe. Fioriscono in primavera.

Tra le proprietà medicinali ascrivibili alla farfara ricordiamo quelle antitussive, espettoranti, fluidificanti bronchiali e blandamente spasmolitiche.

Fino alla fine del secolo scorso, gli infusi e gli estratti di farfara erano utilizzati come rimedio mucolitico e sedativo della tosse, per curare l’asma e la rinite allergica. La farfara  non è più utilizzata a scopo medicinale poiché contiene alcaloidi pirolizidinici (senkirkina, tussilagina, senecionina) epatotossici nell’uomo e nel bestiame.

(European Environment Agency – Enciclopedia Botanica, Motta Editore 1960- Strasburger E, Trattato di Botanica. Volume secondo, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007 – Sandro Pignatti, Flora d’Italia., Bologna, Edagricole, 1982).

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